A fine 2020 Google annuncia la svolta: la User Experience (UX) diventa un fattore di ranking. E così, dopo mesi di trepida attesa, il fatidico (e un po’ temuto) momento è arrivato: Google Page Experience Update vede la luce a metà 2021.
Una vera e propria presa di posizione di Google, che riconosce (finalmente!) l’importanza che l’esperienza utente possiede nella navigazione di un sito e decide di darle un ruolo chiave tra quelli che sono i fattori che determinano il posizionamento organico.
Che cosa possiamo dire a pochi mesi dall’aggiornamento? E quali sono le novità in arrivo per il 2022?
SEO e UX: questo matrimonio… s’ha da fare
L’esperienza di navigazione ha assunto via via sempre più importanza per gli utenti che, anche secondo quanto dichiarato da Google, scelgono, preferiscono e sono di gran lunga più coinvolti in siti web con una migliore User Experience.
Infatti, un’ottima esperienza utente influenza il tempo che le persone passano nel sito e condiziona anche le azioni che compiono all’interno di esso. Al contrario, un’esperienza utente negativa può portare ad abbandonare velocemente il sito e a non compiere nessuna azione.
Google ha deciso, quindi, di “premiare” i siti web usabili nel posizionamento organico, per fornire tra i primi risultati quelli che offrono agli utenti le migliori esperienze di navigazione.
L’obiettivo dell’aggiornamento è quello di permettere alle persone di beneficiare di una buona User Experience quando navigano nel web ma è anche quello di facilitare, a sviluppatori e proprietari di siti, la misurazione della qualità dell’UX e segnalare i punti di miglioramento.
Le metriche di valutazione della qualità: i Core Web Vitals
Google misura la qualità della User Experience di un sito web facendo riferimento ad alcune metriche: i Web Vitals. Tre di queste metriche vengono indicate come Core Web Vitals e sono i fattori chiave di cui tiene conto il motore di ricerca per il posizionamento organico. Sono:
• Largest Contentful Paint (LCP): ovvero la velocità di caricamento dell’elemento principale della pagina (Loading).
• First Input Delay (FID): ovvero il tempo di risposta della prima interattività (Interactivity).
• Cumulative Layout Shift (CLS): ovvero la stabilità visiva del layout al caricamento (Visual Stability).
Velocità di caricamento, tempo di risposta e stabilità del layout della pagina: sono i tre indicatori principali di cui Google tiene conto per determinare una buona o una cattiva esperienza di navigazione all’interno di un sito web. Ma vediamoli uno ad uno più nel dettaglio.
Loading: Largest Contentful Pain (LCP)
Cosa penseresti se, navigando una pagina del tuo sito, il contenuto più rilevante per i tuoi utenti si caricasse dopo troppo tempo? L’esperienza utente non sarebbe ottimale.
Largest Contentful Pain è la metrica che misura la velocità di caricamento (loading) dell’elemento principale della pagina. Per una buona UX, la maggior parte della pagina dovrebbe caricare entro 2,5 secondi.
Interactivity: First Input Delay (FID)
First Input Delay misura l’interattività (interactivity), ovvero il tempo che trascorre tra la prima interazione dell’utente con la pagina e il momento in cui il browser riesce a dare risposta a quell’input.
Tempi di risposta troppo lunghi possono far sì che l’utente ci ripensi ed esca dal tuo sito per finire in uno dei tuoi competitor, più veloce e performante.
Visual Stability: Cumulative Layout Shift (CLS)
Un effetto alquanto fastidioso, che di sicuro è capitato anche a te almeno una volta: stai navigando in una pagina di un sito, hai individuato un bottone o un link su cui cliccare, fai clic su di esso e… tutto d’un tratto si completa il caricamento della pagina e compare un banner pubblicitario che fa scendere tutti gli elementi verso il basso e tu finisci per cliccare su quello. Frustrazione! Cumulative Layout Shift è la metrica che misura proprio questo, la stabilità visiva del layout (visual stability): considera lo spostamento degli elementi visibili in pagina e gli improvvisi cambiamenti di layout.